Cantiere Città. Letture e strumenti per la città culturale.

36 concessioni di valorizzazione dei beni culturali; l’art. 151, c. 3 del d.lgs. n. 50/2016 (d’ora in avanti, Codice dei contratti pubblici) per le forme speciali di partenariato; l’art. 112 del Codice dei beni culturali e del paesaggio per gli accordi per la fruizione e la valorizzazione dei beni culturali; l’art. 71, c. 3 del d.lgs. n. 117/2017 (o Codice del Terzo settore) per gli affidamenti di beni culturali riservati agli enti del terzo settore5. Tutti questi rapporti differiscono tra loro per oggetto, obiettivi perseguiti, modalità di affidamento, partner privati coinvolti e regime giuridico del rapporto stesso. L’oggetto del partenariato può essere la gestione di un bene culturale pubblico o di servizi per il pubblico negli istituti culturali: alcuni schemi contrattuali sono pensati solo per gestire i beni culturali; altri, invece, possono essere impiegati sia per gestire beni che per produrre servizi. Gli obiettivi perseguiti possono essere la promozione culturale del bene, la messa a reddito del bene, la riqualificazione fisica del bene, la reimmissione del bene nel tessuto culturale, la promozione di attività culturali: ciascuno schema contrattuale può perseguire anche più obiettivi contemporaneamente e non è detto che due contratti riconducibili allo stesso schema debbano perseguire lo stesso obiettivo. La modalità di affidamento cambia da schema contrattuale a schema contrattuale: in alcuni casi è necessaria una procedura a evidenza pubblica ordinaria, in altri basta una procedura comparativa semplificata, in altri casi ancora è possibile procedere con un affidamento diretto. Gli schemi contrattuali sono riconducibili ai partenariati/concessioni, venendo quindi regolati dal Codice dei contratti, salvo un caso, ascritto tra gli accordi sostitutivi o integrativi di provvedimento regolati dall’art. 11 della legge n. 241/1990. I partner privati possono essere operatori economici che perseguono uno scopo di lucro o associazioni ed enti che non perseguono uno scopo di lucro. Tutte queste variabili incidono sull’estensione dei poteri conferiti alla parte pubblica, che cambia da uno schema contrattuale all’altro e in relazione agli obiettivi effettivamente perseguiti con il singolo partenariato. Solo una minima parte dei poteri riconosciuti alle amministrazioni è disciplinata espressamente nel Codice dei beni culturali e del paesaggio; la gran parte di essi, invece, deve essere ricavata in via sistematica da tale Codice o dai principi applicabili all’attività consensuale delle amministrazioni stesse e va ritagliata sui caratteri di ciascuna forma di collaborazione e sulle esigenze specifiche di ciascun sito. Questa flessibilità si muove comunque entro binari prestabiliti, rappresentati dalla particolare natura dei beni culturali, il cui elemento distintivo rispetto agli altri beni è il valore culturale intrinseco e immateriale, e dalle funzioni di tutela e di valorizzazione. Queste due funzioni (che vanno declinate diversamente a seconda del modello di collaborazione pubblico-privato e delle esigenze specifiche di ciascun intervento) costituiscono il filo conduttore che plasma la conformazione giuriSu questo tema cfr. F. Caporale, Le forme di collaborazione pubblico-privato nella gestione del patrimonio culturale, in Il coinvolgimento degli enti privati, op. cit. 5.

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