Conoscenza e tutela del patrimonio architettonico moderno e contemporaneo: esperienze a confronto

71 Il riconoscimento di un patrimonio: dal Cultural Asset Rehabilitation Project all’Asmara Heritage Project Nel luglio 2017 Asmara è entrata nella lista dei siti riconosciuti dall’Unesco come patrimonio dell’umanità, a conclusione di un accuratissimo lavoro di documentazione e di analisi del patrimonio architettonico del periodo coloniale italiano presentato dall’Asmara Heritage Project Office (Teklemariam 2018). Questa attività ha approfondito e portato a compimento un impegno iniziato già alla fine degli anni novanta nell’ambito di un altro progetto, il Cultural Assets Rehabilitation Project (CARP), che inseriva la tutela della città di Asmara in un programma organico di conoscenza e valorizzazione del vasto patrimonio materiale e immateriale dell’Eritrea (Tzeggai 2008). Negli anni immediatamente successivi al 1993, in una giovane nazione alle prese con le emergenze causate da trent’anni di guerra per l’indipendenza dall’Etiopia, non era scontato che ci si ponesse il problema di tutelare il patrimonio architettonico, tantomeno quello di periodo coloniale1, esito di una cultura straniera che si era imposta con la forza; ed è doveroso sottolineare come questa attenzione fosse maturata in modo indipendente dal dibattito sul tema del Colonial Heritage (oggi Shared Heritage) in corso negli stessi anni all’interno di Icomos su iniziativa dei Paesi ex-colonizzatori (Enders 2017). Senza alcuna pretesa di restituire la complessità del processo culturale avvenuto in Eritrea, si intende accennare ad alcuni elementi salienti del contesto in cui si sviluppò questa volontà di tutela, rimandando per approfondimenti ai principali contributi di studiosi eritrei e internazionali sul tema (Chelati Dirar 2007; Casciato 1999; Fuller 2006; Gebremedhin 2007; Architecture in Asmara 2017). All’indomani dell’indipendenza il grandissimo fabbisogno abitativo, dovuto al rientro di esuli e guerriglieri, portò a un rapido sviluppo di Asmara che non solo incluse i villaggi limitrofi a carattere agricolo, ma stimolò un’attività speculativa anche nelle aree centrali, dove si prevedeva la sostituzione delle case unifamiliari di inizio Novecento con volumi più redditizi. Il dibattito sull’opportunità o meno di intervenire con disinvoltura nel centro vide inizialmente posizioni molto distanti, che, nei loro estremi, sono ben rappresentate dalle dichiarazioni di Michael Mehari, allora funzionario del Acknowledging a heritage: from the Cultural Asset Rehabilitation Project to the Asmara Heritage Project In July 2017, Asmara was listed as a World Heritage Site, capping an extremely thorough labour of documentation and analysis of the architectural heritage from the Italian colonial period presented by the Asmara Heritage Project Office (Teklemariam 2018). This activity deepened and completed a commitment already begun in the late 1990s as part of a different endeavour, the Cultural Assets Rehabilitation Project (CARP), which made protection of the city of Asmara part of a systematic programme for the knowledge and enhancement of Eritrea’s enormous tangible and intangible heritage (Tzeggai 2008). During the years immediately following 1993, in a young nation grappling with the emergencies caused by thirty years of war for independence from Ethiopia, there was no guarantee that the problem of protecting the architecture – no less that from the colonial period1 left by a foreign culture that had imposed it by force – would be raised; it must be emphasized that this attention matured independently of the debate over Colonial Heritage (now referred to as Shared Heritage) during those same years within Icomos at the initiative of the ex-colonising countries (Enders 2017). Making no claim to reconstruct the complexity of the cultural process that took place in Eritrea, the aim here is to touch upon some salient elements of the context in which this desire for protection developed, while referring, for more in-depth analysis, to the main contributions on the subject by Eritrean and international scholars (Chelati Dirar 2007; Casciato 1999; Fuller 2006; Gebremedhin 2007; Architecture in Asmara 2017). In the aftermath of independence, the enormous housing need due to returning exiles and guerrillas resulted in the rapid development of Asmara, which not only came to include the neighbouring farming villages, but also spurred speculative activity in the central areas, seeing the single-family homes of the early twentieth century supplanted by more profitable volumes. The debate over whether or not to nonchalantly intervene in the centre immediately saw very distant positions which, in their details, are well represented by the declarations made by Michael Mehari, then an official at the Ministry of Tourism, and by the urban planner Gabriel Tzeggai. Susanna Bortolotto, Nelly Cattaneo Asmara e il suo contesto: architettura del Moderno e Paesaggio Culturale Asmara and its context: architecture of Modernity and the Cultural Landscape

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