Capitale italiana della cultura. Dal 2015 al 2022: dati, esperienze, cambiamenti.

CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA. Dal 2015 al 2022: dati, esperienze, cambiamenti. 60 tecipazione sociale. L’arricchimento dell’offerta culturale in termini di attività durante il 2015, tuttavia, non sembra essersi trasformato in effetti perduranti altrettanto forti. Per la natura performativa di molte delle attività, infatti, non ci sono stati particolari lasciti concreti dovuti alle iniziative, che sembrano piuttosto aver agito in prevalenza sul senso di appartenenza alla comunità. Le connessioni generatesi a partire dall’installazione del forno pubblico, ad esempio, sono state portate avanti nel breve termine, ma non hanno avuto continuità nel lungo periodo. Lo spazio CarteC inaugurato per l’occasione, invece, ha proseguito le sue attività per due anni circa, poi è stato chiuso. Più sensibili si sono rivelati i ritorni della forte spinta all’internazionalizzazione. Ad esempio, la Capitale ha influito positivamente sulla direzione artistica del centro d’arte EXMA, che era in precedenza associato principalmente a mostre pop e che, per l’occasione, ha integrato la funzione di contenitore espositivo con l’internalizzazione dell’attività di produzione delle mostre. Tuttavia, nelle risposte alla open public consultation, i cagliaritani hanno valutato poco positivo l’effetto della CiC nel coinvolgimento di artisti e istituzioni internazionali nella realizzazione di eventi e iniziative in città (voto medio di 2,5 su 5), mentre leggermente migliore è il punteggio rispetto ad artisti e istituzioni locali e al generale incremento del numero di eventi e iniziative (2,7 per entrambi). Infine, per via della scarsa centralità nel programma e negli obiettivi, non sono stati rilevati effetti perduranti legati all’uso delle nuove tecnologie come strumenti di fruizione, produzione e interazione con il pubblico. La ricchezza del palinsesto realizzato, come anticipato, sembra aver raccolto i frutti del forte investimento nel colmare gap di partecipazione che la caratterizzavano nella situazione di partenza, con una domanda culturale al di sotto della media e una conformazione frammentata legata a fattori geografici e sociali, oltre che con una presenza di giovani e un multiculturalismo limitati. Gli sforzi ingenti fatti dal programma in questo senso, sia in termini di vivacità culturale (data la connotazione pubblica e diffusa della programmazione artistica promossa) che di accesso e partecipazione, hanno contribuito a rendere questo secondo ambito uno dei più interessati dagli effetti del titolo. Dall’analisi dei dati statistici emerge un aumento significativo di visitatori ai musei, che nel 2015 sono pari a 261.522. Occorre, tuttavia, sottolineare che la variazione (+52%) fa riferimento ad un intervallo di quattro anni e che, nell’indagine precedente, i musei rilevati erano 19 (sono 21 nel 2015). Rispetto alla dimensione diffusa della programmazione culturale, inoltre, dalle interviste è emerso che, negli anni successivi al 2015, l’attenzione alle periferie è rimasta, soprattutto in relazione ad alcuni quartieri. Questi ultimi, infatti, grazie alle iniziative della CiC hanno preso consapevolezza delle proprie potenzialità. Se questo è il caso del quartiere di Sant’Elia, altri non sono riusciti a portare avanti il percorso innovativo avviato nell’anno della Capitale. Nella percezione dei cittadini, l’effetto rispetto al coinvolgimento e all’attrazione dei giovani nelle iniziative è stato contenuto (voto medio 2,3 su 5), così come quello sul senso di fierezza per il percorso svolto dalla città e sul senso di appartenenza, che tuttavia registrano risultati più positivi (rispettivamente 2,5 e 2,6 su 5). La CiC non sembra aver contribuito significativamente a stimolare l’impegno attivo dei cittadini per migliorare la città, né mettersi in gioco in prima persona partecipando attivamente ai progetti culturali (entrambi con voto medio di 2,6 su 5).

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