Capitale italiana della cultura. Dal 2015 al 2022: dati, esperienze, cambiamenti.

CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA. Dal 2015 al 2022: dati, esperienze, cambiamenti. 258 sono state riscontrate grandi differenze nell’intensità del ricordo dell’anno da Capitale tra gli addetti e i residenti delle diverse città: passando da un desiderio di rivendicare l’esperienza e il proprio ruolo di alcuni, alla difficoltà di individuare, in altri, la disponibilità a qualificarsi come protagonisti o testimoni dell’iniziativa. A tutti gli elementi più in alto registrati, legati più specificamente alla policy oggetto di questo studio, si aggiungono le problematicità proprie di ogni lavoro di valutazione di iniziative complesse: la definizione dei perimetri della ricerca (prima del come, comprendere il dove – in quali ambiti – si indagano gli effetti di una iniziativa trasversale, che quindi travalica confini nettamente tracciati), il peso degli elementi qualitativi (più opinabili e difficilmente maneggiabili di quelli quantitativi, ma anche potenzialmente più significativi in un settore in cui il cambiamento transita anche attraverso la percezione e il sentire delle persone), l’impossibilità di ricorrere ad analisi controfattuali e la delicatezza di qualsiasi comparazione. La progettazione e la conduzione di questo lavoro hanno tentato di tener conto di questi limiti, o peculiarità, dell’oggetto di studio, affidandosi ad un modello (idealmente replicabile) che ha il merito di aver permesso una prima, sistematica e importante raccolta di dati e informazioni prima dispersi, quindi di aver proposto delle prime considerazioni organiche e degli spunti di riflessione sulla policy Capitale italiana della cultura e sugli esiti di questa, su quanto cioè abbia attivato e lasciato in eredità nelle città coinvolte. Date queste premesse e al termine del lavoro di analisi, appare chiaro che la Capitale italiana della cultura è una politica capace di attivare il territorio in molte delle sue dimensioni, raccogliendo le migliori energie progettuali disponibili. L’anno in cui una città si fregia del titolo è indubbiamente un periodo importante per le Amministrazioni e per i cittadini, come dimostra la diffusa commozione che si registra già durante le audizioni delle finaliste e poi nell’entusiastica accoglienza del pubblico nel momento del conferimento del titolo. L’obiettivo dello studio, realizzato dal Ministero in collaborazione con la Fondazione, è stato, come dicevamo, quello di indagare che cosa rimane nei territori una volta concluso l’anno di attivazione delle città. Se abbiamo precedentemente accennato ai fattori che rendono ogni Capitale sensibilmente diversa, esistono tuttavia elementi comuni ai programmi e alla loro attuazione e che quindi possono essere imputati alle caratteristiche proprie della policy. In primo luogo, il titolo di Capitale italiana della cultura influisce sulla vivacità culturale delle città insignite, arricchendo l’offerta culturale locale di palinsesti costellati da eventi singoli, festival, mostre, concerti, performance e progetti artistici ospitati o prodotti dalle città. In secondo luogo, come già accennato, comune è anche un certo scostamento fra il dossier ideato e il programma realizzato: le città si candidano con un programma che attuano a volte anche a distanza di anni. Se il tempo a disposizione è utile per preparare la città all’attuazione del programma, trasformazioni rilevanti possono nel frattempo intervenire, compresi cambi di orientamento politico delle Amministrazioni. Questo influisce sulla realizzazione di quanto previsto e si concretizza in uno scostamento più o meno grande fra la proposta progettuale espressa nel dossier e l’attuazione della stessa, quindi nel calendario e negli eventi realizzati, variazioni di cui non sempre si conserva documentazione o memoria. Alcune Amministrazioni hanno scelto di dare conto del proprio programma, pubblicandolo; questo ha reso più semplice per la nostra indagine confrontare il dossier e il palinsesto.

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