Capitale italiana della cultura. Dal 2015 al 2022: dati, esperienze, cambiamenti.

1. La valutazione in questa sede si concentrerà su nove casi escludendo Perugia per la quale non si dispone di sufficienti dati o informazioni per effettuare compiutamente considerazioni di merito. 239 Cap. 3 - Gli effetti prodotti dall’iniziativa “Capitale italiana della Cultura”: uno sguardo d’insieme sulla politica Guardando ai casi presi in esame riportati nella tabella precedente1, risulta evidente come due siano gli ambiti maggiormente considerati dalle città nelle fasi di implementazione dell’iniziativa della Capitale come perni del meccanismo di attuazione della politica. In particolare, stando alle valutazioni emergenti dalle interviste, dai focus group e dai questionari, tre città su nove hanno concentrato, con maggiore intensità, le proprie forze sulla sollecitazione della vivacità culturale (modelli di sviluppo culturale product driven), puntando, nel meccanismo di realizzazione della CiC, sul diversificare, arricchire e rinnovare l’offerta culturale urbana. Altre tre città, invece, si sono concentrate, in maniera prevalente, sull’ambito della partecipazione, dell’accesso e del senso di appartenenza (modelli di sviluppo culturale audience driven), focalizzando l’attenzione e concentrando i propri sforzi su iniziative volte a sollecitare presenze, afflussi, aperture e inclusione di target specifici. Partendo da questa evidenza di sintesi, occorre tuttavia fare due specifiche utili al corretto inquadramento della questione: • spesso, ad un ambito prevalente di investimento, nella fase di implementazione dell’iniziativa, si affiancano altri ambiti comunque determinanti nel meccanismo di attuazione e per la buona riuscita dell’iniziativa; • pur decidendo di puntare sullo stesso ambito, città diverse, caratterizzate da condizioni di partenza differenti, hanno utilizzato l’investimento (da intendersi come specificato sopra) della CiC per scopi eterogenei, talvolta destinati a valorizzare le proprie forze, talvolta destinati a mitigare le proprie debolezze (come si vedrà meglio in seguito). In particolare, con riferimento al primo punto, sembra evidente come, nella maggior parte dei casi, all’ambito prevalente della vivacità culturale, nel meccanismo di attuazione, risulti associato l’ambito della partecipazione, e viceversa. Questo a conferma che i due aspetti, legati rispettivamente all’offerta e alla domanda culturale, sono profondamente correlati tra loro. Solo in un caso è possibile rilevare l’associazione a questi due ambiti, sempre nel meccanismo di attuazione, dell’attrattività turistico-culturale e del posizionamento mediatico. Se, dunque, una prima evidenza è che più della metà delle città ha deciso di concentrare i propri sforzi sugli aspetti della vivacità e della partecipazione culturale, non altrettanto semplice risulta il quadro delle premesse da cui tale decisione ha preso origine. Infatti, se da un lato, tutte le città che hanno investito prevalentemente in vivacità culturale partivano da una dotazione di patrimonio particolarmente qualificante (ben al di sopra della media nazionale), delle città che hanno investito fortemente in partecipazione, solo Palermo si caratterizzava per punteggi elevati su indicatori riconducibili ad alte densità, presso la popolazione, di target privilegiati da politiche culturali finalizzate all’incremento della partecipazione (es. giovani e multiculturalismo). In questo senso è possibile dire che, in prevalenza, gli sforzi profusi dalle città che hanno scelto di privilegiare nell’attuazione dell’anno della Capitale la vivacità culturale hanno risposto ad un’esigenza di valorizzare le forze del territorio, diversamente, nel caso della partecipazione, si è trattato di investimenti rivolti a mitigare le debolezze.

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