Cantiere Città. Potenziare le competenze per una città culturale sostenibile

2024 Scuola dei beni e delle attività culturali Via del Collegio Romano 27 - 00186 Roma Edizione cartacea ISBN 979-12-80311-18-4 Edizione digitale ISBN 979-12-80311-19-1 DOI 10.53125/979-12-80311-19-1 www.fondazionescuolapatrimonio.it Licenza L’edizione digitale del volume è pubblicata in Open Access. L’edizione è rilasciata con licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0: https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0/). La licenza consente di condividere i contenuti con qualsiasi mezzo e formato, di modificare i contenuti per qualsiasi fine, anche commerciale, purché sia inserita una menzione di paternità adeguata, sia fornito un link alla licenza, sia indicato se sono state effettuate delle modifiche e i materiali modificati siano distribuiti con la stessa licenza dei contenuti originari.

Cantiere Città Potenziare le competenze per una città culturale sostenibile A cura di Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali

RINGRAZIAMENTI Ministero della Cultura Segretariato generale, Servizio VI - Eventi, mostre e manifestazioni Direzione generale Educazione, ricerca e istituti culturali VOLUME A cura di Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali Area Progetti d’innovazione e complessi Francesca Neri, Responsabile Agnieszka Śmigiel, Esperta in politiche culturali Segreteria organizzativa Alfredo Giacchetto Comunicazione / Editoria Roberta Fedele Livia Regali REVISIONE EDITORIALE Alessandro Prandoni PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Milk Soup

Indice Note di apertura Ministero della Cultura Francesca Saccone Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali Alessandra Vittorini Nota metodologica Progettare la cultura, sostenere la città: riflessioni e strumenti di Cantiere Città Agnieszka Śmigiel Letture Luogo, senso, progetto culturale Luca Dal Pozzolo Governance e altri discorsi Irene Sanesi Per un approccio strategico e multidimensionale alla valutazione dei progetti culturali Alessandro Bollo 13 14 19 27 34 41

Strategie e strumenti Verso un welfare culturale per le città delle relazioni Vittoria Azzarita Strumenti e strategie per il fundraising culturale. Come rendere sostenibili progetti culturali nella dimensione locale Massimo Coen Cagli La cultura della partecipazione. Approcci e strumenti per l’attivazione di comunità Ludovica De Angelis e Maura Romano Comunicare i valori, rafforzare l'identità. Il ruolo della comunicazione nel raggiungimento degli obiettivi Sarah Dominique Orlandi Note conclusive Le città in relazione Francesca Neri 53 65 74 87 103

Agrigento, Valle dei Templi, Tempio di Giunone. Foto: Giampaolo Demma / Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali

Assisi (Perugia), centro storico. Foto: Roberto Armocida / iStock

Note di apertura

Aosta, piazza Chanoux, Palazzo del Municipio. Foto: Giampaolo Demma / Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali

13 Francesca Saccone Dirigente, Servizio VI del Segretariato generale del Ministero della Cultura Si è conclusa nella città di Agrigento, Capitale italiana della cultura 2025, la seconda edizione di Cantiere Città, un progetto, promosso dal Ministero della Cultura - Servizio VI del Segretariato generale e dalla Direzione generale Educazione, ricerca e istituti culturali, insieme alla Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali, che ha rappresentato un viaggio straordinario nel cuore della cultura italiana. Nato con l’obiettivo di valorizzare le progettualità messe in campo per la realizzazione dei dossier presentati dalle città concorrenti al titolo di Capitale italiana della cultura, Cantiere Città ha fin dalla sua prima edizione rivelato la grande vivacità delle città italiane nel saper cogliere sfide e opportunità. Alla fine di questo nuovo percorso, le dieci città finaliste alla Capitale italiana della cultura 2025 – Agrigento, Aosta, Assisi, Asti, Bagnoregio, Monte Sant’Angelo, Orvieto, Pescina, Roccasecca e Spoleto – hanno dimostrato una dedizione e una passione straordinarie, rinnovando i loro progetti culturali presentati in fase di candidatura e ripensandoli in una nuova ottica, sempre tesa a soddisfare le esigenze della comunità. Questo sforzo non è stato solo un esercizio accademico, ma un processo vitale di trasformazione e consolidamento. In questi mesi, abbiamo assistito alla nascita di nuovi partenariati, alla creazione di reti solide che andranno ben oltre il termine di questo progetto. Abbiamo visto idee trasformarsi in programmi concreti e visioni diventare realtà tangibili. Ogni città ha portato la propria unicità, dimostrando che la diversità culturale è una forza e la condivisione un valore aggiunto. Il Ministero della Cultura pone, con questo percorso, grande attenzione alla possibilità di valorizzare tutta la progettazione che si attiva intorno alla Capitale italiana della cultura, a prescindere dell’esito finale, proprio perché attraverso di essa si può dare vita a iniziative concrete a base culturale per lo sviluppo e la crescita delle comunità. Desidero ringraziare tutte le città partecipanti. Il loro impegno, la loro passione e creatività sono stati l’anima di questo progetto. Sono loro che hanno resoCantiereCittà un successo straordinario.

14 Giunta al termine della seconda edizione, l’esperienza di Cantiere Città ha confermato la funzione innovativa e propulsiva della sua proposta, la sua utilità e il suo valore strategico come laboratorio di incontro e scambio fra amministratori e tecnici delle città e dei territori che mettono la cultura al centro della propria visione di crescita comune. Lo spirito di questo format – ideato e attuato dal Segretariato generale del Ministero della Cultura e dalla Direzione generale Educazione, ricerca e istituti culturali con la Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali – risiede nella proposta di un percorso intenso e serrato di incontro e di confronto e di rafforzamento delle competenze di realtà molto diverse. Sono città grandi e piccole, reti di comuni o realtà locali di dimensioni ridotte che si sono classificate tra le finaliste: un fattore aggregante di forte valenza propulsiva e progettuale che ha saputo dare i suoi frutti, oltre ogni previsione. Ancora una volta i protagonisti di questa avventura sono stati chiamati a una vera e propria trasformazione dei loro ruoli, a un profondo ripensamento dei loro rapporti: passando da competitor a compagni di strada, si sono rimessi in gioco, sostituendo alla vivace e sfidante fase di competizione una nuova dimensione collaborativa di condivisione di nuove strategie di sviluppo del territorio a base culturale, rinnovando e ripensando le idee e i progetti dei loro dossier di candidatura. Le proposte che superano il primo livello di selezione per il titolo di Capitale sono riconosciute come il felice esito di un lavoro collettivo di elaborazione di un programma culturale articolato, interessante e credibile, coerente con il territorio e con le risorse che questo può mettere in campo. Di conseguenza, al di là dell’esito finale – che non può che selezionarne solo una – la collaborazione tra le città costituisce uno spazio di grande interesse. La varietà dei diversi dossier offre diverse interpretazioni, diverse scale dimensionali, affronta diverse domande dal territorio disegnando, ovviamente, diverse risposte: il tutto riversato in programmi ambiziosi, disegnati per diventare protagonisti di un’esperienza irripetibile lunga un anno. Abbiamo accompagnato le amministrazioni nel processo di costruzione di nuovi ambienti collaborativi e di co-creazione per mettere la cultura al centro di una visione di crescita comune. Abbiamo costruito occasioni e tavoli di lavoro per consentire ad

15 amministratori e tecnici di confrontarsi e ‘costruire comunità’: in primo luogo fra loro e, successivamente, con gli esperti e il gruppo di lavoro della Fondazione. Due fra tutti i punti affrontati: da un lato le difficoltà che caratterizzano il passaggio dalla fase progettuale a quella attuativa e, dall’altro, le strategie che permettono di tenere unite le reti nate intorno all’ideazione del dossier. Reti che hanno in genere attivato le migliori energie del territorio con contributi di amministratori, professionisti, imprese, associazioni e cittadini e che è strategico rimangano interlocutrici e partner delle pubbliche amministrazioni nella costruzione delle iniziative culturali. E inoltre: la qualità e sostenibilità dei progetti, la creazione di reputazione e di un brand territoriale, i modelli di governance, gli strumenti per coinvolgere le comunità, la trasformazione dei progetti culturali in occasioni di crescita occupazionale. Quest’anno il programma si è ulteriormente arricchito con la ‘special edition’ dedicata ai temi della valutazione, rivolta agli amministratori e agli operatori della cultura di Bergamo e Brescia, proclamate Capitale italiana della cultura 2023. Cantiere Città è stato dunque un vero e proprio laboratorio, un ‘cantiere itinerante’ che ha offerto anche per quest’anno un programma formativo sartoriale, progettato per rispondere ai fabbisogni direttamente espressi dalle città nella prima masterclass, fornendo nei successivi workshop le occasioni per approfondirli e individuare le possibili risposte. Questo volume raccoglie gli esiti dell’intero percorso condiviso, comprendendo sia i materiali che gli esperti hanno redatto a supporto della fase di accompagnamento sia i prodotti formativi realizzati per i corsi online. È un materiale che testimonia il nostro impegno a ‘lasciar traccia’ dell’esperienza condotta, la prova che il cammino non si esaurisce con la conclusione del programma. Ma prosegue, con una sua forza aggregante e propulsiva che è il miglior frutto del lavoro svolto in questi mesi, la migliore eredità che questa seconda edizione ci consegna per il futuro. Alessandra Vittorini Direttore, Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali

16 Orvieto (Terni), piazza del Duomo. Foto: Giampaolo Demma / Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali

Nota metodologica

Roccasecca (Frosinone), torre di avvistamento detta “del Cannone”. Foto: Kevin Staley Joyce / iStock

19 Progettare la cultura, sostenere la città: riflessioni e strumenti di Cantiere Città Agnieszka Śmigiel Anche se i concetti di ‘città sostenibile’ e ‘città culturale’, richiamati nel titolo di questa pubblicazione, sono ormai entrati nel linguaggio quotidiano e nel glossario di progettisti e amministratori delle città, rimane fondamentale comprendere fino in fondo e in modo concreto cosa significhi progettare in modo sostenibile per una città culturale. Come si può progettare la cultura in modo che contribuisca alla sostenibilità delle città e del territorio circostante? Cosa comporta questo approccio? E quale ruolo assumono le competenze e il capacity building in questo contesto? Questi sono solo alcuni degli interrogativi ai quali il progetto «Cantiere Città. Un percorso di valorizzazione per le città finaliste a Capitale italiana della cultura» cerca di rispondere, aiutando a tradurre concetti astratti in azioni concrete. Cantiere Città. Potenziare le competenze per una città culturale sostenibile raccoglie sette saggi degli esperti coinvolti, a vario titolo, nella seconda edizione del progetto. Insieme al precedente volume Cantiere Città. Letture e strumenti per la città culturale, pubblicato nel 2023 nell’ambito della prima edizione del progetto, e accanto alle pubblicazioni realizzate quest’anno Cantiere Città. I percorsi delle città finaliste e Capitale italiana della cultura. Esperienze e racconti, costituisce una piccola rassegna editoriale sulle tematiche inerenti alla progettazione culturale. Il volume è stato suddiviso in due sezioni – «Letture» e «Strategie e strumenti» – con l’obiettivo di suggerire a quanti sono coinvolti nella progettazione culturale altri mezzi per strutturare la logica del progetto e mettere alla prova, passo dopo passo, l’idea che ne sta a fondamento. Presentando le riflessioni, gli spunti, le raccomandazioni e gli interrogativi raccolti durante Cantiere Città, questa pubblicazione offre un ampio spettro non solo dei temi più attuali della progettazione, ma anche delle criticità e dei nodi problematici da sciogliere nell’agire culturale consapevole. La selezione dei temi trattati mira a riflettere la multidisciplinarità e la complessità della questione e mette in risalto l’importanza della collaborazione fra diverse competenze professionali nel processo progettuale e il valore del loro potenziamento. Ci auguriamo che la lettura di questo volume possa almeno in parte mettere in discussione alcune certezze e suggerire strade nuove e sperimentali, fornendo sia letture critiche che metodi e approcci per affrontare la costruzione di un progetto efficace, originale e non convenzionale.

20 La sezione dedicata alle «Letture» si apre con l’intervento di Luca Dal Pozzolo, intitolato Luogo, senso, progetto culturale, che mette in luce il rischio associato alla proliferazione eccessiva di progetti a discapito della qualità, come osservato negli ultimi anni. L’autore sottolinea l’importanza di una gestione equilibrata che non comprometta la pertinenza e il significato del progetto, a volte snaturati dalla necessità di rispondere ai bandi. Dal Pozzolo propone sei ‘pietre miliari’ fondamentali come principi guida per la costruzione di un progetto di qualità: la pertinenza al luogo, il senso, la partecipazione, i risultati attesi, la sostenibilità, la comunicazione e le reti di relazioni. L’autore ci mostra la cruciale importanza dell’idea progettuale di partenza, enfatizzando come questa debba essere plasmata attraverso una comprensione approfondita del luogo e della sua società, una sensibilità relativa alle dinamiche locali e la capacità di evocare e liberare risorse latenti. La sua trattazione dimostra che non sono le analisi a dover guidare e a ‘tenere il polso’ del processo di progettazione, ma è proprio «l’idea di progetto l’utensile che interroga la situazione locale, che fa emergere le forze a favore e gli attriti che rischiano di bloccarla sul nascere, è sempre l’idea di progetto da usare per scavare le possibili reazioni alla sua messa in atto, per individuare le condizioni alle quali deve conformarsi per raggiungere un’alta fattibilità, il ventaglio delle strategie più opportune». Nella sua visione di progettazione culturale, l’analisi trova però spazio nelle fasi successive, in cui è necessaria per testare e mettere alla prova un quadro di relazioni e condizioni contestuali del progetto. L’autore paragona l’intero processo di analisi a «un liquido di contrasto contro il quale confrontare le idee progettuali». Partendo da domande apparentemente semplici su cosa significhi il ‘senso’ del progetto, a cosa serva, cosa si intenda ottenere e quale eredità si desideri lasciare e, infine, come costruire relazioni e reti per assicurarne la sostenibilità, l’autore invita a una riflessione approfondita e a un ‘esame di coscienza’ prima di redigere il progetto e lanciarlo verso attuazioni che rischiano fortemente di essere inefficaci. Il secondo saggio della sezione «Letture», Governance e altri discorsi di Irene Sanesi, affronta il tema della costruzione di ‘cabine di regia’ dei progetti nel contesto culturale, esaminando come la gestione efficace e sostenibile delle istituzioni culturali sia essenziale per promuovere la crescita civica, economica e sociale delle città e dei territori. Esplorando gli obiettivi che stanno alla base dell’iniziativa Capitale italiana della cultura, Sanesi sottolinea l’importanza degli indicatori ESG (Environmental, Social, Governance) nel contesto della progettazione culturale e della costruzione di governance, evidenziando come tali indicatori siano rilevanti non solo per il capitale economico, ma anche per quello umano e sociale. L’autrice si sofferma sull’importanza di integrare la scelta del modello di governance con le attività strategiche e operative in tutte le fasi della progettazione, sconsigliandoci di affrontare la questione della gestione solo ed esclusivamente a monte o a valle del progetto. Il saggio esplora anche le ibridazioni dei modelli di governance e introduce nuovi strumenti, come il Partenariato speciale pubblico privato (PSPP) e l’art. 55 del Codice Terzo Settore, per favorire la collaborazione tra settore pubblico e privato.

21 Infine, Sanesi sottolinea l’importanza della figura del ‘culturemaker’ nelle città candidate a Capitale italiana della cultura, evidenziando temi quali la rigenerazione e la relazione come centrali per la collaborazione e la crescita culturale dei territori. Il saggio Per un approccio strategico e multidimensionale alla valutazione dei progetti culturali di Alessandro Bollo chiude la sezione «Letture», fornendo un’analisi approfondita sul valore aggiunto della valutazione dei progetti. Il testo evidenzia chiaramente il ruolo cruciale di questo elemento, specialmente in contesti complessi come le capitali culturali, dove appare ormai indispensabile valutare gli impatti a lungo termine dei progetti culturali sui vari ambiti coinvolti. Per affrontare efficacemente questa sfida, Bollo suggerisce l’adozione di un approccio multidimensionale, facendo riferimento al «Four-Domain Approach» sviluppato nel contesto del progetto europeo Cultural Heritage Counts for Europe (CHCFE), trattato come modello per la valutazione dell’impatto del patrimonio culturale. Pur riconoscendo le difficoltà metodologiche associate alla valutazione degli impatti sociali e culturali a lungo termine, Bollo sottolinea l’importanza di affrontare questa sfida e di sviluppare approcci capaci di gestire in modo olistico la complessità dell’agire culturale. In conclusione, il saggio offre una guida per il processo di valutazione, mettendo in evidenza l’importanza di fissare obiettivi misurabili e di bilanciare le ambizioni con le risorse disponibili, con l’obiettivo di sviluppare una pratica dell’ascolto e della valutazione nelle organizzazioni culturali. Il saggio di Vittoria Azzarita, dal titolo Verso un welfare culturale per le città delle relazioni, inaugura la seconda sezione del volume «Strategie e strumenti». Nel suo contributo, Azzarita sostiene che, per affrontare le sfide future, le città devono abbandonare il tradizionale modello di welfare, abbracciando un approccio comunitario centrato sull’integrazione dell’intelligenza collettiva, dei beni comuni e dell’imprenditoria sociale. La cultura viene identificata come risorsa strategica in questo contesto di trasformazione, agendo come laboratorio di sviluppo umano e contribuendo alla costruzione di comunità orientate al ‘ben-essere’. L’autrice esplora concetti come la ‘città aumentata’ e la ‘città della prossimità’, insistendo sull’importanza di ascoltare e comprendere profondamente il territorio. Dal testo emerge la necessità di politiche urbane orizzontali, capaci di creare una città policentrica basata sulla prossimità e di promuovere la collaborazione tra organizzazioni pubbliche, private e del terzo settore. Un’ampia rassegna di pratiche e progetti di welfare culturale in contesti urbani chiude il contributo, affrontando tematiche come l’invecchiamento attivo, il benessere dei giovani, la prima infanzia e la riattivazione degli spazi urbani attraverso processi di rigenerazione culturale. L’intervento di Massimo Coen Cagli, Strumenti e strategie per il fundraising culturale. Come rendere sostenibili progetti culturali nella dimensione locale, affronta diverse tematiche legate alla raccolta fondi per progetti culturali a livello locale. Il saggio parte dal presupposto che il fundraising culturale non si limiti solo a iniziative di grande portata, ma possa trovare un’applicazione di successo anche in progetti culturali di dimensioni

22 minori. Dal testo emerge un cambiamento di mentalità nelle comunità locali, con un crescente interesse da parte di singoli cittadini, imprese e fondazioni nel sostenere iniziative culturali come mezzo per rafforzare la coesione sociale e promuovere lo sviluppo economico. Un aspetto rilevante per le città culturali di piccola-media dimensione è l’identificazione degli interlocutori e delle modalità del loro coinvolgimento attivo nel processo di raccolta fondi. Nella creazione delle reti di stakeholder, Coen Cagli sottolinea l’importanza dello scambio con i sostenitori, specificando che la proposta di fundraising dovrebbe offrire valore a tutti i partner coinvolti. Propone inoltre l’adozione di una governance allargata che coinvolga diverse parti interessate nella realizzazione del progetto e fornisce esempi concreti di comitati creati per sostenere progetti culturali complessi. Infine, vengono presentati vari strumenti di fundraising culturale, tra cui alcune forme di corporate fundraising come la sponsorizzazione, la filantropia di impresa e i programmi di membership. Il contributo di Coen Cagli ci mostra che il fundraising richiede investimenti in termini di tempo, risorse umane qualificate e professionalità. Il saggio successivo, La cultura della partecipazione. Approcci e strumenti per l’attivazione di comunità, esplora l’importanza della cultura della partecipazione nello sviluppo di città e territori, sottolineando il suo ruolo centrale nelle strategie culturali locali. Le autrici, Ludovica De Angelis eMaura Romano, evidenziano la necessità di adottare un approccio metodologico distante da quello formale, basandosi principalmente su onestà, empatia e sincerità per ‘attivare’ le comunità in modo efficace, preservando al contempo l’autenticità delle relazioni. Il testo cerca di mettere a sistema gli elementi della complessità nel processo di adozione e sviluppo di una strategia culturale basata sulla partecipazione effettiva di abitanti, associazioni, imprese, istituzioni e stakeholder locali. Invita a un confronto critico con questa pratica, affinché enti e istituzioni possano sperimentarne il vero valore. Infine, fornisce una road map delle fasi di un processo partecipativo, accompagnata da una rassegna di strumenti operativi da mettere in atto che sottolineano la necessità di strategie di comunicazione trasparenti e accessibili. Inoltre, dimostra l’importanza dell’attivazione di iniziative basate sull’ascolto e sull’incentivazione del protagonismo civico. Il testo si propone come guida completa per implementare processi partecipativi, offrendo non solo una panoramica puramente teorica con il glossario dei termini chiave, ma anche una serie di strumenti pratici e metodologie per promuovere in modo olistico una cultura della partecipazione autentica. L’ultimo contributo della sezione «Strategie e strumenti», intitolato Comunicare i valori, rafforzare l’identità. Il ruolo della comunicazione nel raggiungimento degli obiettivi di Sarah Dominique Orlandi, affronta il ruolo cruciale della comunicazione nella progettazione culturale delle pubbliche amministrazioni. La trattazione si focalizza sull’analisi della comunicazione interna, della comunicazione esterna e della disseminazione dei risultati. Il testo propone una prospettiva in cui la comunicazione diventa fondamentale per consolidare i legami progettuali tra il personale interno, gli stakeholder e i cittadini coinvolti nei progetti. Il comunicatore viene presentato come un ‘collante’ nei processi progettuali

23 e decisionali, sottolineando l’importanza del suo coinvolgimento sin dalle fasi iniziali del progetto. Dal saggio emerge sia un’interrelazione diretta tra la qualità dei progetti e la buona reputazione, che da essi si trova alimentata, sia la necessità di adottare un approccio valoriale nella comunicazione culturale, basato sulla trasmissione di principi etici e valori fondamentali. L’autrice interpreta l’Agenda 2030 come un framework di riferimento per sostenere decisioni consapevoli nelle strategie culturali. Inoltre, a beneficio dei lettori, l’articolo fornisce una check-list dettagliata delle attività e degli strumenti necessari per la creazione di una strategia di comunicazione efficace e di impatto. Ci piace pensare che Cantiere Città, nella sua dimensione sia progettuale che editoriale, possa progressivamente costituire un piccolo patrimonio di esperienze dei professionisti, degli amministratori e dei tecnici che hanno costruito empiricamente nel corso degli anni i propri progetti culturali e che questo patrimonio – frutto del confronto con i colleghi e con le esperienze delle città – sia testimone dell’innovazione e della sperimentazione sul campo. Il volume dà voce a tanti pensieri, approcci e metodi, confidando che questo lavoro collettivo possa in qualche modo aiutare i lettori a governare in modo sistematico il processo della progettazione culturale, risparmiando tempo e risorse, aumentando l’efficacia e la capacità di generare impatti durevoli.

Letture

26 Monte Sant’Angelo (Foggia), Meta Museo Etnografico Tancredi, belvedere con vista sul mare. Foto: Giampaolo Demma / Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali

27 Luogo, senso, progetto culturale Luca Dal Pozzolo Da più di vent’anni a questa parte si è assistito a un crescente interesse per lo sviluppo di strumenti di management dei progetti culturali e per gli aspetti di gestione organizzativa ed economica, comparto notoriamente debole e lacunoso per le attività culturali e di valorizzazione del patrimonio. D’altro canto, l’incremento della logica di sostegno dei progetti attraverso i bandi ha richiesto diffuse capacità amministrative e gestionali, oltre a processi di valutazione ex ante, in itinere ed ex post. Ma non è questo il solo effetto visibile; parallelamente alla contrazione degli strumenti di sostegno istituzionale attorno alle più grandi organizzazioni di spettacolo e ai più importanti musei, è aumentata l’importanza del finanziamento del singolo progetto all’interno della cornice dei bandi, iniziando dall’Unione europea per passare al Ministero, alle Regioni, alle fondazioni di origine bancaria, fino agli enti locali. Una parte non trascurabile degli operatori culturali affida oggi le proprie strategie di sopravvivenza e sviluppo alla capacità di redigere molteplici progetti nell’anno, esercitando le proprie doti organizzative e manageriali nella competizione indotta dalla partecipazione ai bandi. Tuttavia, anche affilate competenze gestionali, messe al servizio di una strategia costretta a rincorrere un elevato numero di progetti, non sono di per sé una garanzia di qualità; il pericolo di torcere le proprie competenze o la propria missione per rispondere adeguatamente ai requisiti di bando è sempre presente. Il tema della qualità del progetto, infatti, si pone non solo in termini di reclutamento di nomi famosi o di performance eccezionalmente spettacolari, ma anche nell’attivazione di processi culturali e sociali nel territorio, nel coinvolgimento dei pubblici, nella capacità di lasciare un’eredità sulla quale costruire ancora nel tempo a venire, nell’offrire elementi di riflessione utili a disegnare strategie desiderabili per il futuro. Tutto ciò, peraltro, è assolutamente decisivo nel caso di progetti e programmi per la competizione al titolo di Capitale italiana della cultura e, di conseguenza, diviene fondamentale tornare a ragionare sulla qualità intrinseca dei progetti, laddove costruire un progetto per una città e un luogo costringe a un confronto serrato con la complessità propria dei sistemi sociali e dei sistemi urbani. Nell’infinita fattispecie di progetti possibili, tuttavia, non è sensato pensare di poterne definire la qualità univocamente con un sistema di indicatori rigido; non tanto perché gli indicatori non servano, bensì perché la loro utilità emerge nel misurare aspetti

28 specifici, nell’adottare metriche sartorialmente tagliate sul caso in esame. È questione di verifica puntale degli aspetti esecutivi del progetto e dei suoi risultati, ma poco pertinente alla sua costruzione logica, al disegno dei contenuti che nutriranno le successive fasi di progettazione. È questo il tema che si vuole affrontare qui, non tentando di definire la qualità di un progetto, ma indicando alcune pietre miliari, la considerazione delle quali aiuta a innescare un processo di progettazione teso a restituire una qualità degli esiti confrontabile con la complessità dei requisiti. Sono sei le pietre miliari sulle quali ci concentriamo perché contribuiscono in misura decisiva a formare la spina dorsale del progetto e a strutturarne la qualità: la pertinenza al luogo, il senso, la partecipazione, i risultati attesi, la sostenibilità, la comunicazione e le reti di relazioni. È una scelta arbitraria che non esaurisce il catalogo delle attenzioni possibili, ma è strettamente funzionale alla prospettiva adottata. Di qui in avanti queste pietre miliari verranno trattate in altrettanti paragrafi. Pertinenza al luogo A differenza di quanto pensano molti, i progetti nascono dalle idee progettuali, non dalle analisi, e sono modellati entro un impasto fatto di conoscenza profonda del luogo e della sua società, di sensibilità per le dinamiche locali, di capacità di evocare e liberare risorse latenti. E la conoscenza non è analisi: è empatia, è relazione. È qualcosa che si costruisce anche con le analisi, ma eccede largamente il loro portato euristico. Certo, attraverso l’analisi si possono descrivere e approfondire componenti e aspetti poco conosciuti che contribuiscono a dare profondità di campo e a plasmare un’immagine dinamica della società locale, trasformando l’informazione in conoscenza. Ma la vera utilità delle analisi è un’altra, ovvero costruire un quadro di relazioni e di condizioni contestuali come fosse un liquido di contrasto contro il quale confrontare le idee progettuali. È l’idea di progetto l’utensile che interroga la situazione locale, che fa emergere le forze a favore e gli attriti che rischiano di bloccarla sul nascere, è sempre l’idea di progetto da usare per scavare le possibili reazioni alla sua messa in atto, per individuare le condizioni alle quali deve conformarsi per raggiungere un’alta fattibilità, il ventaglio delle strategie più opportune. Se il progetto non è una conseguenza lineare dell’analisi, quest’ultima però lo orienta, lo rimodula, ne riplasma la materia stessa confrontandola con i vincoli e con le condizioni locali, a patto che l’analisi sia condotta con rigore, senza elidere gli aspetti contradditori o che potrebbero rivelarsi critici per il progetto. Un’analisi compiacente ed edulcorata manca il suo principale obiettivo di avvisare dei pericoli del cammino e dei necessari cambi di rotta; è semplicemente inutile, quand’anche rassicurante.

29 Ma questa verifica del progetto con l’analisi delle situazioni e delle condizioni di contesto non è un’operazione che si può fare a progetto completamente definito; se emergessero criticità diverrebbe molto faticoso ripensare da capo l’impostazione. È invece un’operazione continua di elaborazione parallela e contemporanea del progetto e – attraverso l’analisi – della sua ‘pertinenza’ alle condizioni locali, dove per pertinenza si deve intendere la corrispondenza punto a punto delle componenti fondamentali del progetto con le attese dei pubblici, con le condizioni di fattibilità, con la valorizzazione delle risorse individuate, siano esse un bene culturale, un paesaggio o elementi della cultura immateriale o dell’immaginario locale. Da tutto ciò emerge chiaramente come una conoscenza approfondita in termini qualitativi della situazione sia necessaria anche solo per ‘impastare’ la prima idea di progetto, ancor prima di procedere con l’analisi; e si costruisce calpestando i luoghi, intervistando i testimoni privilegiati, e non solo gli amministratori, sentendo gli stakeholder, prospettando loro ventagli di modalità diverse d’ingaggio. Dalla prima fase di strutturazione dell’idea di progetto e di confronto eminentemente qualitativo con i caratteri del luogo si procede con ulteriori precisazioni e con analisi meno impressionistiche in una logica ricorsiva che porta a ripensare pezzi di progetto laddove incontrano criticità importanti, fino alla definizione conclusiva. In questo processo sono molti gli errori che si possono compiere, ma alcuni ben conosciuti si possono evitare, come ad esempio: • Innamorarsi delle proprie idee: si rischia di cercare nel luogo e nella società locale solo conferme e si diventa ciechi di fronte a difficoltà e ostacoli. • Individuare componenti progettuali pretestuose, come ad esempio la valorizzazione del luogo di nascita di un personaggio che ha flebili rapporti con il luogo, la riscoperta di fatti marginali, sconosciuti ai più, o rievocazioni di periodi storici in termini generici e privi di connotazioni specifiche salienti e senza proiezioni al futuro. • La costruzione di un quadro logico con deboli componenti scientifiche e tematiche. L’elenco di ciò che non è pertinente sfortunatamente è immensamente più esteso dell’insieme di componenti dotate di una pertinenza forte al luogo: mettersi in caccia per individuarle, tuttavia, è forse una delle avventure più affascinanti del progetto. Senso La realizzazione di un progetto culturale dovrebbe assumere un senso profondo e condiviso almeno per i principali target individuati. Ma cosa vuol dire ‘senso’? Potremmo dire la capacità di far risuonare in maniera profonda, all’interno delle persone, aspettative, desideri, sogni antichi o nuovi. E non è inutile ricordare che l’etimo di ‘perso-

30 na’ deriva da ‘per-sonare’, ovvero risuonare inmodo specifico agli stimoli che ci colpiscono. In questa prospettiva, ‘senso’ vorrebbe dire usare un evento culturale per far emergere pienamente le persone implicate come un tessuto umano senziente ed empatico. D’altro canto, saper emozionare attraverso la meraviglia, l’esperienza e la conoscenza è da sempre componente fondamentale del progetto culturale, la chiave per far emergere bisogni e desideri in una maieutica gentile. Ma c’è anche dell’altro, seppur con dimensioni meno intimistiche e ricadute sulla società locale, come nutrire una riflessione che possa attrezzare la comprensione del futuro o rendere evidenti i caratteri e le risorse del luogo – spesso trascurate proprio dai residenti – nella prospettiva di uno sviluppo a guida culturale che non disdegni di nutrire opportunamente operazioni di marketing in questo ambito. Può sembrare che la ricerca di un senso profondo debba far riferimento alle radici e al passato di una società locale, ma non è necessariamente solo così. Le radici non sono unicamente dietro di noi, ma anche davanti, come insegna la strategia della mangrovia, capace di estendere le radici lontano dal tronco principale. Riscoprire i mestieri del passato, se si limita a una rievocazione nostalgica della storia, è difficile che appassioni un target di giovani; altra cosa è individuare possibili traiettorie di sviluppo per le competenze tecniche e per la cultura materiale in una dimensione proiettata nel presente e nel futuro, che rappresenti un’apertura verso nuove potenzialità. Il senso di un progetto ha una funzione di guida, può spingersi anche verso scenari fortemente innovativi, se riesce a riconnettere in un percorso comprensibile le proiezioni future con i caratteri distintivi del luogo e della società. Ma può anche essere che il senso emerga pienamente nel corso del tempo e si debba essere pazienti per assistere al dispiegarsi degli effetti positivi di un progetto, soprattutto se è coinvolta una dimensione territoriale e urbana. All’obiezione di Gertrude Stein che il ritratto non le somigliava, Picasso rispose: «le somiglierà». Partecipazione I pubblici che si desidera coinvolgere sono il frutto di una decisione che orienterà le altre scelte a modulare sempre più efficacemente l’offerta culturale sui caratteri distintivi di quella specifica audience. Non è particolarmente utile pensare a una partecipazione allargata a tutti e chiunque: fermo restando che si eviti ogni forma di discriminazione e che si adotti una strategia della massima accessibilità, è l’interazione tra le proposte culturali, gli interessi e le attese delle persone a modellare la partecipazione delle stesse. E non si tratta solo di compiacere o di rinforzare i gusti già sedimentati storicamente e nemmeno di adottare un atteggiamento paternalistico di rieducazione verso la contemporaneità. Non è un mistero che alcune forme d’arte o espressioni culturali risultino ostiche a un pubblico allargato, il che non significa

31 evitare ogni occasione d’incontro, quanto invece costruire percorsi di avvicinamento che sappiano interessare e coinvolgere. La questione chiave è progettare con i cittadini e non per i cittadini, poiché occorre evitare che le offerte culturali si manifestino come munifiche elargizioni verso la cittadinanza. Non ha importanza se le competenze progettuali sono possedute da poche persone, poiché il ‘senso’ di un progetto riuscito appartiene alla cittadinanza e le ricadute conseguenti alle singole azioni sono attivate dai cittadini. Non ci si nasconde, tuttavia, che il tema della partecipazione presenta complessità elevate e richiede tempo e lavoro per tessere le reti di persone che potranno rappresentare i nuclei con i quali costruire l’audience di riferimento. Non è certo un processo immediato; progetti nuovi spesso generano diffidenze o indifferenze che possono essere superate a partire da un lavoro paziente di coinvolgimento dei gruppi più vicini o avvicinabili al progetto per interessi e sensibilità. D’altro canto, la progressiva inclusione dei pubblici individuati rappresenta il cuore di ogni progetto culturale, ancora di più se si tratta di progetti che interessano aree vaste o ambiti urbani. La crescita dell’audience di riferimento attorno alle attività è la garanzia principe affinché il progetto possa depositare sul territorio un’eredità non effimera, che richiede, peraltro, una seria progettazione dei processi e delle azioni a eventi terminati. Anche l’eredità è un progetto. In questa prospettiva progettare con i cittadini significa anche favorire una partecipazione alla governance del progetto e dei suoi effetti di lungo periodo, per sostenere una continuità nel tempo non legata a singoli professionisti, ma diffusa nel tessuto sociale: è questa la condizione che abilita la società locale a coltivare le ricadute positive a progetto ultimato. Risultati attesi Qualsiasi progetto non può fare a meno di costruire una prefigurazione condivisa dei risultati; proprio questa condivisione degli esiti, il più allargata possibile agli stakeholder, ma anche ai rappresentanti della cittadinanza, costituisce una condizione importante per alimentare una tensione positiva al raggiungimento degli obiettivi e una sorta di patto, di impegno comune, verso la riuscita del processo. In tutto ciò è fondamentale condividere una declaratoria precisa degli obiettivi, che arrivi a definire ex ante gli indicatori con cui si misurerà il tasso di raggiungimento dei risultati attesi: vi potranno essere molte valutazioni qualitative e di processo, ma è fondamentale la dotazione di una batteria di indicatori numerici solidi e pertinenti, ancorati a una metrica in grado di sottrarre i progetti culturali alla vaghezza e all’aleatorietà della scrittura sull’acqua. Gli investimenti in cultura si confrontano con investimenti altrettanto importanti in tutto il resto dei servizi pubblici; praticare l’accountability, dimostrare puntualmente le ricadute e i risultati ottenuti, va nella direzione di rispondere a un impegno democratico e di favorire un dialogo sui possibili sviluppi.

32 Sostenibilità La sostenibilità ha a che fare con progetti non effimeri, con la loro capacità di produrre eredità importanti e significative, con l’impiego responsabile delle risorse per progetti e risultati che abbiano senso e che valgano la pena; in questo quadro la sostenibilità si declina in almeno quattro dimensioni: culturale, economica, sociale e ambientale. Non è quindi solo riduzione della carbon footprint dell’iniziativa, anche se la cosa è ovviamente rilevante, ma riguarda una valutazione complessa dei processi di realizzazione e dei risultati ottenuti. La sostenibilità può essere considerata in qualche modo una delle controprove del ‘senso’ del progetto. Se l’eredità culturale che il progetto lascia sul territorio è importante per la cittadinanza ed è foriera di sviluppi futuri, allora il progetto ha avuto ‘senso’ e la sostenibilità assume il carattere di durabilità nel tempo; non a caso i francesi traducono il termine ‘sostenibilità’ con durabilité. Se vi saranno ricadute economiche positive distribuite sulla società locale a fronte degli investimenti effettuati, allora si potrà parlare di sostenibilità economica e di riproducibilità/replicabilità del progetto; se infine il progetto verrà fatto proprio dalla cittadinanza, vorrà dire che ha trovato un suo ‘senso’ sociale profondo. L’elemento di maggior importanza, tuttavia, è che si abbia attenzione per un green management dei processi e dei progetti, che non solo integri le quattro dimensioni prima descritte, ma rappresenti un modello concettuale condiviso con la cittadinanza: tra le eredità più significative vi è infatti la sensibilità verso un agire sostenibile e l’inclusione di tecniche di accountability e di rendicontazione che assumano la sostenibilità come uno dei criteri ormai irrinunciabili per qualsiasi progettazione, un nuovo standard fortemente integrato in tutto il processo progettuale e realizzativo. La stessa previsione di flussi importanti di turismo culturale generati dal progetto deve essere soggetta a una valutazione di sostenibilità e di opportunità, superando la logica che la mera quantità di pubblico e di flussi turistici sia comunque il criterio principe del successo: le soglie dimensionali contano, la capacità di gestione dei flussi è elemento determinante, la mitigazione degli impatti negativi un’attenzione da attivare fin dall’inizio. Le modalità con le quali si gestisce un progetto sono fondamentali nel rendere sostenibili i processi e, nei casi positivi, anche a fronte di soglie dimensionali importanti. Ma sempre con una forte tensione alle dimensioni diverse della sostenibilità e alla loro gestione. Comunicazione e reti di relazioni La comunicazione, sia essa interna allo staff e ai principali stakeholder o rivolta all’esterno per informare dell’esistenza del progetto, dei suoi caratteri e delle sue potenzialità, non è una componente professionale che si aggiunge a progetto definito, ma è una delle competenze necessarie in ogni fase della progettazione a partire dal suo inizio. Si

33 tratta di uno degli assi principali di elaborazione del progetto e che deve trovare mediazioni e intersezioni con tutti gli altri aspetti, di contenuto e organizzativi. La possibilità di entrare in relazioni favorevoli con l’audience di riferimento, di istituire un dialogo proficuo con gli stakeholder, di avviare campagne efficaci di fundraising riposa per una buona parte sulla capacità di comunicare adeguatamente i contenuti e le dimensioni del progetto e, tuttavia, non unicamente facendo uso di una professionalità retorica efficace. La comunicazione di un progetto culturale non è un processo a senso unico dalla fonte – i progettisti – ai diversi tipi di pubblico e agli stakeholder, bensì un processo bidirezionale dove il portato più interessante risiede nella capacità di ascolto del mondo esterno al progetto e di suggerire quegli adeguamenti strutturali – non formali né retorici – capaci di recuperare maggior sintonia con gli interlocutori. La comunicazione, così come le relazioni esterne e le politiche di fundraising, sono contemporaneamente a servizio del progetto e agenti di modificazione, specificazione, orientamento. Progettare non è perseguire ossessivamente un’idea difendendola dall’impatto con il mondo, ma la messa in sintonia di numerosissime variabili, operazione alla quale è necessario che partecipino professionisti con logiche e competenze diverse per dar luogo a un progetto emergente la cui complessità non è governabile da una persona sola, quand’anche fosse un demiurgo culturale. La sfida è proprio questa, esporsi a interagire con la complessità dei territori e dei sistemi urbani e utilizzare tutto ciò come la materia di impasto del progetto. Senza smarrire la bussola della ‘pertinenza’ e del ‘senso’.

34 Governance e altri discorsi Irene Sanesi Porre la cultura al centro delle nuove economie locali, rendere le risorse culturali volano di crescita civica, economica e sociale, attivare un processo virtuoso di conoscenza di sé e di impiego della cultura all’interno di modelli di sviluppo: sono alcuni degli obiettivi, diventati poi risultati, posti dal progetto Capitale italiana della cultura negli anni e poi consolidati grazie alla ricerca/azione di Cantiere Città. Risultati ottenuti anche in virtù di un lavoro di progettazione culturale approfondito che parte proprio dallo studio della governance, dibattutissimo tema anche del presente articolo nel quale parleremo delle applicazioni alla realtà culturale: dagli indicatori ESG fino alla riforma del terzo settore. Il quadro internazionale: gli indicatori ESG (Environmental, Social, Governance) Gli obiettivi ESG (acronimo di Environmental, Social, Governance)1 riguardano tanto il capitale umano e sociale quanto quello patrimoniale, economico e finanziario, oltre a quello ambientale. La sostenibilità è tema ampiamente dibattuto e affrontato, con focus sulla E relativa alle istanze ambientali. Le misure di welfare, che riguardano da vicino la S di social, sono parte integrante delle strategie di sostenibilità di molte imprese, perché a beneficiarne non sono solo i soci, dipendenti e collaboratori, ma anche i loro familiari e le comunità di riferimento. Misure di welfare e di wellbeing che abbiano un impatto positivo a lungo termine producono benefici indiretti per l’intera società, favorendo la creazione di nuovi servizi o il miglioramento di quelli esistenti. La G di governance è un passaggio fondamentale nell’organizzazione delle imprese e dei modelli di sviluppo. Da essa dipendono il governo ma anche il buon funzionamento, le regole organizzative, i processi di delega e responsabilizzazione. È facile intuire come a un adeguato modello di governance corrisponda un’architettura efficace in cui i soggetti coinvolti potranno sicuramente contare su maggiore produttività e capacità di attrarre i talenti2. Formalizzati nel 2006 nei Principi per l’investimento responsabile (PRI) dell’ONU, gli ESG sono un acronimo composto dalle parole Environmental, Social e Governance, tre principi che si riferiscono e sono applicabili a ogni aspetto di un’azienda e che promuovono la crescita sostenibile, spostando l’attenzione dai soli rendimenti finanziari e dando invece importanza all’ambiente, al benessere dei propri lavoratori e degli stakeholder e alla struttura interna dell’azienda. Francesca Rizzi, Esg, l’importanza della variabile social nella vita delle imprese, «Il Sole 24 Ore», 17 luglio 2023 <https://www.ilsole24ore.com/art/esg-l-importanza-variabile-social-vita-imprese-AF39y6D>. 1. 2.

35 Si vedano al riguardo la Index Industry Association 2023 ESG survey <https://www.indexindustry.org/ wp-content/uploads/IIA-2023-ESG-Survey-Full-Report.pdf> e la PwC’s Global Investor Survey 2023 <https://www.pwc.com/gx/en/issues/c-suite-insights/global-investor-survey.html>. Irene Sanesi, Non solo economia: l’importanza della cultura per le imprese, «Artribune», 10 settembre 2021 <https://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/politica-e-pubblica-amministrazione/2021/09/ imprese-cultura/>. Ibidem. 3. 4. 5. Sempre nell’ambito della governance ci si interroga su come venga vissuta la mission, se esistano o meno spazi di miglioramento, quali azioni possano essere intraprese per assicurare il coinvolgimento, l’impegno e, in ultima istanza, la legacy degli attori. La cultura dov’è? ESG è una sorta di trivio contemporaneo che sta diventando (per fortuna) una tendenza, anche se la strada per la sostenibilità è ancora lunga3. Le organizzazioni e le realtà pubbliche e private che tengono in seria considerazione gli indicatori di natura ambientale, sociale e di governance stanno crescendo, restituendo al territorio e alle comunità un impatto positivo. «Nella terra che ha generato il felice connubio tra scienze esatte e soft skill non possiamo lasciare le humanities fuori dalla porta»4. È quanto ho affermato in un articolo scritto per «Artribune» nel settembre 2021, nel quale ho rilevato come balzi all’occhio il fatto che la C di cultural non si trovi all’interno dei fattori di rendicontazione non finanziaria e neppure nel tema sociale o ambientale. «Gli strumenti che raccontano in chiave consuntiva (accountability) e prospettica (business plan e forecast) un’organizzazione e/o un modello organizzativo hanno bisogno, oggi più che mai, di una chiave di lettura che sia anche culturale»5, dove l’accezione culturale abbraccia il tema del patrimonio tangibile, che corre il rischio di diventare stereotipo o paesaggio da cartolina, del patrimonio intangibile di conoscenze e competenze e della cultura come capacità di produzione contemporanea. Cos’è la governance e perché è così importante anche in ambito culturale I significati della parola ‘governance’ sonomolteplici, dall’originaria applicazione alle scienze sociali anglosassoni al governo di soggetti complessi nel lessico degli economisti, all’utilizzo odierno per indicare nuovi modelli di cooperazione e interazione che costituiscono un sistema o strumenti e processi decisionali aperti (informazione, inclusività, trasparenza). Come scrivo nel mio articolo Governance e cultura per «Artribune»:

36 il termine ‘governance’, riferito a un’impresa culturale (date la sua missione e attività), indica il suo modello di governo, significandone da un lato la veste giuridica e, dall’altro, la struttura organizzativa, senza perdere di vista il grado di autonomia decisionale (potere reale del management) e la chiara suddivisione dei ruoli degli stakeholder coinvolti. In pratica, la governance definisce ‘come’ verrà attuata la gestione dell’ente culturale e a quali principi sarà ispirata: qualità, efficacia, semplificazione, cooperazione, accountability.6 La governance produce un impatto positivo generando processi di gestione più trasparente da parte dell’organizzazione attraverso un dialogo strutturato e diretto con i dipendenti e i diversi stakeholder in un’ottica di sostenibilità7. Se dalla governance tutto dipende… (dopo un buon progetto) Il progetto rappresenta il cuore di una candidatura e di un’idea di città ed è chiaro che la visione e la strategia di progetto sono passaggi fondamentali. L’errore nel quale non bisogna incorrere è portare troppo a valle la decisione del modello di governance, adeguato e tailored made rispetto al progetto. D’altronde non è affatto opportuno approcciare troppo a monte la stessa questione, preoccupandosi della governance prima del progetto. Non sarebbe la prima volta sentir parlare della costituzione di una fondazione di partecipazione quale panacea di candidatura o addirittura soluzione progettuale. In un cronoprogramma ideale/reale, la scelta del modello di governance deve andare di pari passo con le attività strategiche e operative della candidatura, tenendo presente anche quanto trattato nel prossimo paragrafo. Comunicare la governance Per molti la governance è questione da addetti ai lavori nel perimetro tecnico: notai, avvocati, commercialisti. Professioni che sono sicuramente necessarie per affiancare gli operatori pubblici e privati in ambito culturale, ma non sufficienti. Con la straordinaria palestra di ricerca/azione che è Cantiere Città abbiamo potuto constatare come nel percorso di avvicinamento al modello di governance sia fondamentale un accompagnamento di tipo comunicativo, che ha anche una valenza di avvicinamento culturale ai più ampi temi della co-progettazione e collaborazione tra gli attori di un territorio. Ead., Governance e cultura, «Artribune», 19 febbraio 2012 <https://www.artribune.com/professioni-eprofessionisti/diritto/2012/02/governance-e-cultura/>. Francesca Rizzi, Esg…, cit. 6. 7.

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